Nuova composizione e limitazione delle funzioni del Senato. Queste le modifiche al Titolo I della Costituzione previste dalla Riforma del governo Renzi. Una riforma che di fatto ridurrà il numero dei senatori, non permetterà la loro elezione diretta e limiterà le loro competenze.
Cento (sei) senatori
Il nuovo Senato rappresenterà le istituzioni territoriali. Sarà infatti composto, in maggior parte, da consiglieri regionali e sindaci. I senatori saranno cento: 95 (74 consiglieri regionali e 21 sindaci scelti tra i sindaci dei comuni di ogni regione) saranno eletti con metodo proporzionale dai Consigli regionali e dai Consigli delle province autonome. I seggi verranno ripartiti in proporzione alla popolazione di ogni regione, partendo da un minimo di 2 senatori. La durata del loro mandato e l’indennità coincideranno con quelle delle istituzioni territoriali di elezione.
Cinque senatori saranno nominati direttamente dal Presidente della Repubblica per “altissimi meriti – recita l’art.3- nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Questi invece rimarranno in carica per 7 anni e non potranno essere nuovamente nominati. Infine, ai cento si aggiungeranno i sei senatori a vita già in carica, tra cui i due ex Presidenti della Repubblica Ciampi e Napolitano. In tutto, perciò, il Senato sarà composto da 106 senatori. Tutti, ovviamente, coperti da immunità parlamentare.
Le nuove funzioni
La Riforma costituzionale darà al Senato una competenza legislativa limitata. Questo, insieme alla Camera, potrà lavorare sulle leggi costituzionali, le minoranze linguistiche, il referendum popolare, sugli enti locali e sui rapporti con l’ Ue. Tutte le altre leggi verranno approvate dalla Camera. Ogni disegno di legge approvato sarà trasmesso al Senato che, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, potrà esaminarlo e, entro 30 giorni, apportare delle modifiche al testo. Queste saranno approvate definitivamente dalla Camera oppure, in caso di voto di maggioranza assoluta, bocciate.
Il Senato potrà ancora nominare, congiuntamente alla Camera, il Presidente della Repubblica. Nelle prime tre elezioni il quorum rimarrà due terzi dei componenti dell’assemblea. Dalla quarta elezione si abbasserà ai tre quinti dei componenti e dalla settima ai tre quinti dei votanti. Nel caso in cui si superasse la settima elezione, perciò, potrebbe accadere che il Presidente della Repubblica venga eletto con il voto (poco rappresentativo) di pochi parlamentari.
Cosa cambia realmente
Con tali cambiamenti, la Riforma sembra mostrare un obiettivo preciso: dare più potere alla Camera e, perciò, al governo. Il rimbalzo delle leggi tra Camera e Senato sarà più o meno lo stesso, i tempi saranno più brevi, ma ciò che cambia è l’approvazione definitiva. Questa spetterà esclusivamente all’Aula di Montecitorio.
Altro punto di forza della riforma del Senato, secondo il governo Renzi, è il risparmio che si potrebbe ricavare dalla diminuzione del numero dei senatori. In realtà non sarebbe così sostanziale. Lo ha affermato il senatore Lucio Malan (Fi), uno dei tre gestori dei conti e del bilancio del Senato, secondo il quale il risparmio effettivo sarà di 48 mln di euro (28 mln di euro di risparmio netto sulle indennità e circa 20 mln sulle spese per lo svolgimento del mandato).
In un’intervista al Fatto quotidiano, il senatore ha perciò accusato: “Sono risparmi risibili frutto di una riforma fantozziana. Specie se raffrontati ai tanti regali distribuiti dal Governo, a cominciare da quello fatto per esempio ai concessionari autostradali della Venezia-Trieste e dell’autostrada del Brennero che costeranno allo Stato 6 miliardi per i prossimi 30 anni, l’equivalente di 200 anni di risparmi che si totalizzeranno con la riforma Renzi-Boschi, per effetto della quale Palazzo Madama non pagherà più l’indennità ai senatori”.
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