Codice appalti: tutto da rifare, dicono i costruttori
Nuovo codice appalti? Tutto si può migliorare, anche questa lunga e tortuosa riforma. Suona più o meno così il giudizio della Finco, la Federazione delle Industrie dei Prodotti, degli Impianti, dei Servizi e delle Opere Specialistiche per le Costruzioni che raggruppa 38 Associazioni Nazionali di Categoria in rappresentanza di oltre 5.000 imprese e 105.000 addetti. La Finco, in audizione nelle commissioni riunite Ambiente e Lavori pubblici di Camera e Senato. Un sì con riserva, a un decreto legislativo, il numero 50 del 2016, che secondo la Finco necessiterebbe di una “rivisitazione anche incisiva” dopo il primo anno di attuazione. Come a dire: proviamo e vediamo.
Appalti, una riforma da riscrivere
Anche se, di quel che già c’è nel nuovo Codice degli appalti non tutto è da promuovere. “A prescindere dal citato completamento del quadro normativo – sostiene la Federazione – vi sono indubbiamente parti del Codice che presentano refusi che non sono stati presi in considerazione nell’ambito del Comunicato correttivo del 15 luglio 2016 e che, per questo meriterebbero un provvedimento ad hoc, come ad esempio, la richiesta della cauzione definitiva al posto di quella provvisoria nella Finanza di Progetto (art. 183, comma 15 in cui si fa riferimento alla cauzione di cui all’art. 103 e non 93 – come dovrebbe essere – del Codice) o la mancanza nella lettera b) del comma 2 dell’art. 97 sulle Offerte Anormalmente Basse di un inciso, peraltro previsto in altre lettere dello stesso comma (“arrotondamento all’unità superiore rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso”) la cui assenza rende di fatto inapplicabile questo metodo di valutazione”. Avviso di rettifica che dopo quasi tre mesi modificava il 44 per cento dell’articolato con circa 170 modifiche su un testo composto da 220 articoli. Pollice verso anche per quanto riguarda il limite del 30 per cento al subappalto applicato alla sola categoria prevalente e non all’intero importo dell’appalto. Dalla Federazione un no anche alla piena subappaltabilità delle lavorazioni cosiddette “scorporate/scorporabili” in assenza di una specifica qualifica da parte dell’appaltatore stesso, nonché all’eliminazione della possibilità di subappaltare solo se previsto esplicitamente dal bando di gara.
Dopo cinque mesi, mancano ancora i decreti
E c’è di più, a cinque mesi dall’adozione del nuovo codice, mancano ancora decreti e linee guida fondamentali per la sua attuazione. E mentre per i comuni (rappresentati dall’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni italiani, che il 20 settembre scorso era in audizione presso le commissioni unite Ambiente della Camera dei deputati e Lavori pubblici del Senato) tutto rimane bloccato, per le imprese che lavorano nel settore opere pubbliche esiste ancora un margine di speranza che il nuovo regolamento possa essere migliorato. Per non parlare del nodo dell’affidamento diretto dei lavori, per il quale a nulla sono valse anche le nuove linee guida emanate dall’Anac in merito ai dubbi interpretativi sorti subito dopo la lettura del decreto legislativo numero 50 del 2016. Ovvero, quale rapporto ci sia tra affidamento diretto dei lavori e criteri di valutazione delle offerte, in particolare quelle al massimo ribasso. Certo la materia è complessa, soprattutto in un Paese come l’Italia che ha attraversato la grande corruzione scoperchiata nella maxi inchiesta “Mani pulite” degli anni 90, ma è facile supporre che dove regna il caos operi meglio e indisturbato anche il malaffare.
Pubbliche amministrazioni: si bloccano anche i lavori ordinari
Per le istituzioni la principale criticità riguarda di fatto l’incapacità di garantire l’adozione degli atti attuativi in modo tempestivo, ordinato e coordinato. A cinque mesi dall’adozione del codice, infatti, manca ancora il decreto sulle qualificazioni delle stazioni appaltanti, o quello sulla definizione dei livelli progettazione. A ciò si aggiunge il contrasto tra Consiglio di Stato e ANAC in materia di appalti sotto-soglia, evidenzatasi in occasione del parere del Consiglio di Stato sulle apposite linee guida dell’Autorità.
Con riferimento agli appalti di lavori, una delle critiche più frequenti da parte dei comuni riguarda l’abrogazione dell’art. 105 del vecchio DPR n. 207/2010 che consentiva, per i lavori di manutenzione, di prescindere dalla redazione del progetto esecutivo per bandire la gara per l’affidamento con i livelli di progettazione definitiva. Con l’abrogazione di tale norma, poiché la stragrande maggioranza degli appalti di lavori banditi dalle stazioni appaltanti riguarda la manutenzione del loro patrimonio, l’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti ha praticamente paralizzato la pubblicazione di appalti di lavori.
Cristina Malaguti