Pd, se vogliamo reagire non si parli di voto locale
Per me è una giornata amara, più o meno come quella dei 101. Dobbiamo trovare la forza di reagire, reagire, reagire, guardando in faccia la realtà. Io vedo due dati. Al primo turno il Pd è sotto fra i quattro e i sei punti rispetto al 2011, nel secondo viene fuori che su 143 ballottaggi noi avevamo 90 sindaci, ora ne abbiamo 45. Se qualcuno pensa di edulcorare questo dato, vuol dire che Dio lo sta accecando. E se vogliamo reagire non si parli per favore di voto locale e di fisionomie dei candidati.
Il Pd sia sincero: difficile muovere il nostro elettorato
Ovunque sono stato ho percepito disagio e una difficoltà a muovere il nostro elettorato. Ho cercato disperatamente di segnalare il problema e ora faccio un appello ai candidati, ai militanti, ai dirigenti. Dicano in sincerità quello che hanno trovato sul campo, perché di conformismo si può morire. Mi limito a invocare una riflessione onesta che ci metta in condizioni di reagire.
Vinciamo solo se manteniamo un campo di centrosinistra
Non è un caso se vinciamo dove teniamo, anche se in modo precario, un certo campo di centrosinistra. Sala avrebbe mai vinto a Milano se non ci fosse stato, seppur lieve, un respiro di Ulivo? (…) Io non ho fatto altro che girare per portare i nostri a votare e fa rabbia sentirsi dare del gufo, del sabotatore. Qui si rischia di far scomparire il noi e questa è l’ultima occasione per correggere il tiro, non possiamo permetterci di perderla. Io davvero non lo so se abbiamo più tempo.
L’Italicum va cambiato
Io non ho votato l’Italicum. Tutte le proposte che pretendono di semplificare all’accesso il sistema attorno a poche figure favoriscono la piega demagogica e regressiva. Di fronte a un sommovimento profondo come quello europeo e italiano è bene ricordarsi l’insegnamento di Aldo Moro. Essere inclusivi, dandosi istituzioni e meccanismi elettorali che abbiano gradi di flessibilità e non di rigidità. Semplificare è pericoloso, l’Italicum va cambiato.
Giovedì la minoranza del Pd si riunirà e ragionerà. Io vorrei solo ricordare che questa separazione tra segretario e premier, che a me pare una premessa per lavorare, fu voluta da Renzi col mio consenso. Non vedo quindi perché ci si scandalizza se siamo noi a chiederlo.
Se si continua così, mi tiro fuori dal referendum
Avendo votato la riforma, non credo di dover prendere lezioni di coerenza. Ma se la conduzione fosse, nei toni e nelle forme, quella che ho visto fin qui, in quella campagna non mi vedranno. Non si può brandire così la Costituzione.
Pier Luigi Bersani, Partito Democratico