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Referendum, Onida fa ricorso contro il quesito

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13 Ottobre 2016

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Il quesito del referendum contiene una pluralità di oggetti eterogenei e, di conseguenza, il voto del 4 dicembre potrebbe non essere libero. Queste le motivazioni che hanno spinto Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, a presentare un ricorso al Tar del Lazio e al tribunale civile di Milano contro il quesito referendario.

Insieme alla professoressa Barbara Randazzo, Onida chiede l’annullamento, previa sospensione, del decreto del presidente della Repubblica di indizione del referendum e di “ogni altro atto preliminare, connesso o conseguenziale”.

Il ricorso al tribunale di Milano

Valerio Onida ha chiesto d’urgenza al tribunale di Milano di accertare il diritto a votare “su quesiti non eterogenei, a tutela della libertà di voto” e di sospendere “gli atti del procedimento referendario”. In sintesi, ha chiesto di dare la possibilità alla Corte Costituzionale di sospendere il referendum. Il ricorso, ovviamente, dovrà essere discusso prima del 4 dicembre.

Il ricorso al Tar del Lazio

Il ricorso al Tar, invece, affronta più questioni. Innanzitutto, si rivolge “contro il decreto di indizione del referendum medesimo, in quanto ha recato la formulazione di un unico quesito, suscettibile di un’unica risposta affermativa o negativa, pur essendo il contenuto della legge sottoposta al voto plurimo ed eterogeneo”. Questa eterogeneità secondo Onida sembra entrare in contrasto con ” i necessari caratteri di omogeneità del quesito referendario”, i quali, a suo parere, devono essere “gli stessi richiesti secondo la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale relativa al referendum abrogativo“.

Inoltre l’ex presidente della Corte Costituzionale ha dichiarato nel ricorso: “L’atto impugnato appare illegittimo in primo luogo per avere qualificato il referendum indetto come confermativo e per aver formulato il quesito con riferimento al titolo della legge costituzionale anziché agli articoli della Costituzione che vengono modificati.”

Inoltre, “la qualifica di referendum ‘confermativo’ utilizzata nel decreto impugnato (ancorché venga talora usata nel linguaggio corrente) non trova alcun riscontro nella legge n. 352 del 1970” che disciplina i referendum “e non riflette la ratio del ricorso al referendum ‘oppositivo’ nel caso delle leggi costituzionali, ratio che è quella di garantire le minoranze nel caso di approvazione parlamentare della legge con una maggioranza inferiore ai due terzi“.

 

 

PolitX

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