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Una giustizia civile lenta ed inefficiente, oltre a non permettere l’attuazione dei diritti, ostacola anche lo sviluppo dei mercati e, di conseguenza, la nascita e crescita delle imprese. Sull’argomento è all’esame della Commissione Giustizia del Senato un disegno di legge (S. 1662), presentato dal Governo Conte 2 e finalizzato ad intervenire apportando modifiche al processo civile di primo grado e di appello attraverso la riduzione dei riti e la loro semplificazione, e revisionando gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.

L’impianto del provvedimento, così come pensato e voluto dall’ex Guardasigilli Bonafede prevede, da un lato, un’analitica estensione delle materie interessate dall’esperimento obbligatorio degli istituti della mediazione o della negoziazione assistita, dall’altro ne prevede l’esclusione per alcuni importantissimi settori, quali l’ambito della responsabilità sanitaria e dei contratti finanziari, bancari e assicurativi.

Vengono poi ridotti i riti speciali ed abrogato il procedimento sommario di cognizione e viene introdotto un rito ordinario davanti al tribunale in composizione monocratica, si prevede l’abolizione dell’atto di citazione, con contestuale utilizzo esclusivo del ricorso, l’introduzione del principio di chiarezza e sinteticità degli atti di parte e del giudice e l’implementazione e il potenziamento del processo civile telematico.

Al oltre un anno dalla sua presentazione la discussione del provvedimento, preceduta da una lunga serie di audizioni, sta entrando nel vivo attraverso la presentazione delle proposte emendative.

Tra queste se ne segnalano alcune, in materia di arbitrato, volte a introdurre il potere cautelare dell’arbitro, ad oggi non previsto dal nostro ordinamento cosa che costituisce una delle principali ragioni che portano a escludere l’Italia quale sede per l’arbitrato internazionale. Inoltre si propone, al fine di velocizzare i tempi dell’arbitrato, di allinearne i termini con quelli previsti per l’impugnazione delle sentenze in materia civile, di stabilire l’efficacia esecutiva del decreto di exequatur del lodo arbitrale e di prevedere, per quanto attiene alla tassa di registro, una imposta in misura fissa che semplificherebbe e sarebbe un incentivo per la diffusione dell’utilizzo dello strumento arbitrale.